Il piccolo Piero stava lavorando con suo padre e i suoi fratelli nella bottega di famiglia vicino al Palazzo dei Vicari. Doveva perfezionare la tecnica della tempera del ferro. Aveva solo nove anni ed era molto orgoglioso di apprendere l’arte dei maestri coltellinai. Era un mestiere duro ma molto ben retribuito e il suo sogno era quello di forgiare la Zuava di Scarperia più robusta mai realizzata, tale da avvampare le invidie di tutti gli altri coltellinai del paese.
A Palazzo il Vicario era seduto nel suo ufficio a studiare il progetto di una fortezza militare a San Piero. A Firenze, Cosimo de’ Medici era preoccupato per la sicurezza delle sue terre di caccia in Mugello e voleva che Lanci e Buontalenti realizzassero la Fortezza di San Martino. I lavori sarebbero dovuti partire il 30 giugno 1569. Mancavano solo due giorni. L’orologio di torre batteva i suoi rintocchi, il Vicario alzando lo sguardo verso la finestra pensò: “dobbiamo ancora venti fiorini d’oro per il pagamento del meccanismo dell’orologio. La Bottega di Ser Filippo Brunelleschi presto ci invierà una missiva di sollecito…”
Nella Pieve di San Pietro il pievano stava rimirando compiaciuto il marmoreo fonte battesimale da poco fatto arrivare dalla bottega fiorentina dei Della Robbia. Il silenzio che regnava nelle tre navate fu interrotto dall’ingresso di alcuni pellegrini che cercavano indicazioni per raggiungere il Convento del Bosco ai Frati. Il pievano tracciò per aria il percorso per raggiungere il convento dicendo “è facile se tenete a mente l’immagine del Crocifisso ligneo del Donatello che è custodito nel convento, esso vi guiderà. Se risalite dal piede della croce, il Bosco ai Frati lo troverete sul braccio sinistro della Croce”.
Nei boschi d’intorno al Castello del Trebbio c’era un vecchio faggio bruciato da un fulmine, ai piedi del quale Eleonora e Giovanni trascorrevano insieme i loro pomeriggi d’estate. Il padre di Eleonora era molto contrario alla relazione della figlia con quel “bighellone”. Un giorno ad attendere Eleonora al vecchio faggio non c’era Giovanni ma bensì suo padre. Egli, il giorno precedente, trovandosi nel cortile della residenza medicea per consegnare dei pani alla servitù, dalla sommità della collina sulla quale si erge il castello, aveva scoperto il fatto ed era furioso.
Il giovane Lorenzo, figlio del macellaio, proveniva da una famiglia originaria di Sant’Agata, che abitava in una casetta vicino all’omonima pieve romanica. Dalla metà del trecento, quando venne aperta la nuova strada del Passo del Giogo, il popolo di Sant’Agata perse gran parte dei suoi traffici commerciali e i fasti dell’antico presidio Ubaldino furono abbattuti con la caduta del Castello di Montaccianico. Gli antenati di Lorenzo decisero di trasferire la macelleria a San Piero dove i commerci e i guadagni erano più facili e sicuri. Nonostante fossero trascorsi ormai un paio di secoli dal loro trasferimento a valle, il cognome di Lorenzo era tutt’ora tacciato di tradimento.