Dalla valle dell'Arno su, fino alla montagna di Vallombrosa, tra balze preistoriche e colline olivate ~ di Maria Italia Lanzarini
Reggello è il paese che comincia sempre e non finisce mai.
Se tu segni i suoi contorni in una mappa, ti appare uno strano animale mitologico dalla veste sfrangiata, che corre dal Pratomagno giù fino alle sponde dell'Arno e, scavalcando i pinnacoli delle argillose balze, sorvola il mare d'argento degli ulivi che in collina presidiano i campi fortificati in muretti a secco, mentre nel piano si distendono in armoniose simmetrie.
I novelli Icaro che si lanciano dalla Massa nera coi loro parapendio possono gustare appieno la bellezza multiforme di questa terra, dove l'asprezza dei calanchi delle Balze si mescola alla dolcezza del Pian di Cascia, con la sua pieve petrosa che pare nata assieme al mondo; dove l'austera foresta di Vallombrosa regala confortanti spazi di contemplazione, o nelle domestiche cappelle disseminate qua e là nel bosco.
Ogni piccolo borgo, da Leccio a Pitiana, da San Donato a Tosi, da Sant'Agata a Saltino, e ancora, e ancora... è un mondo tutto da scoprire, ricco di storia e arte.
I nomi della contessa Matilde di Canossa, di Arrigo VII, di Marsilio Ficino, di Lorenzo il Magnifico, del Ghirlandaio, del Curradi, rimbalzano da un luogo all'altro come fossero Tizio, Caio e Sempronio. E tutto comincia e ricomincia e niente finisce, perché Reggello è un paese largo, largo come la sua bella piazza, dove convergevano le antiche vie dell'olio e del vino...
Qui la gente ancora si racconta e ha sempre qualcosa da dire, come di quella volta che gli studiosi di Firenze scoprirono che la Madonna della chiesetta di San Giovenale, sulla via dei Setteponti, era stata dipinta da Masaccio, e così volevano tenerla loro, i Fiorentini, agli Uffizi.
Figuriamoci se a Reggello gliela diedero vinta: Masaccio l'aveva fatta per questa terra la sua Madonna bella, e qui doveva rimanere: così oggi si può ammirarla al Museo Masaccio.
E poi, a guardarlo attentamente, il Trittico di San Giovenale, si vede che i suoi Santi paiono i contadini di queste parti, dai volti aguzzi e severi, che pregano il Signore per l'olio novo, che sia "bono" come quello dell'anno passato, per condirci gli zolfini, che qui fanno anche parecchio bene.