L'Assunta di Bernardo Daddi e l'identità della città
È intorno alla Cintola mariana che si muove l'identità spirituale e civica di Prato, la reliquia che la tradizione ritiene legata a Maria e che giunse da Gerusalemme nel XII secolo portata dal mercante Michele Dagomari. È difficile dire quanto la cintura possa essere ricondotta storicamente a Maria, ma è certo che rappresenta uno straordinario
simbolo per i pratesi. Perfino l'architettura della città è legata alla sua presenza. Fu infatti per permettere ai pellegrini di partecipare all'Ostensione che si pensò, nel Quattrocento, l’originale collocazione del pulpito nel Duomo di Prato realizzato da Donatello e Michelozzo.
È invece nella cappella affrescata da Agnolo Gaddi che si conserva la cintura, una striscia di lana finissima verde broccata in fili d’oro. Gli affreschi e la delicata statua della Madonna con il bambino di Giovanni Pisano ne sono il centro e il cuore. Il grandioso ciclo di affreschi con le Storie di Santo Stefano e San Giovanni Battista, una delle più alte espressioni della produzione di Filippo Lippi, completa la Cattedrale, prezioso scrigno della reliquia.
Testimone silenzioso della storia della città l’edifico che ospita il Museo di Palazzo Pretorio racconta oltre settecento anni di storia. Nell’Ottocento, per gravi problemi statici, rischiò la demolizione ma imponenti restauri e una nuova destinazione ne fecero nel 1912 la sede della Galleria Comunale.
Un ultimo restauro, avviato nel 1998 e concluso nel 2013, lo ha restituito al suo ruolo: custode di opere d’arte e forziere di memorie e vicende storiche. Palazzo Pretorio conserva una collezione di capolavori formata nei secoli grazie ad artisti come Bernardo Daddi, Giovanni da Milano, Donatello e Filippo Lippi, Filippino Lippi e Lorenzo Bartolini le cui sculture al terzo piano dialogano con quelle di Jacques Lipchitz, protagonista del Novecento. Un’area è interamente dedicata alla Sacra Cintola. Le stesse sale sono opere d’arte, per l’architettura e per la ricca presenza di affreschi.A volte l’ingegno dell’uomo prova a forzare le misure consentite da un’arte, ad ampliarne gli orizzonti. Proprio una di queste imprese sembra quella tentata da Bernardo Daddi e dalla sua macchina dipinta, la giustapposizione delle cui tavole racconta la storia del viaggio della Cintola e del suo approdo a Prato, nonché la parallela migrazione del corpo di Santo Stefano da Gerusalemme a Roma, terminando con l’assunzione della Madonna che cede la reliquia a San Tommaso. A partire dalla ricostruzione pre-cinematografica di Bernardo Daddi prenderà vita in Toscana l’iconografia che collegherà la morte della Vergine alla sua assunzione in cielo.