Federico II di Hohenstaufen, l'"Arte venandi cum avibus" e l'alto volo dei signori del cielo in Maremma ~ di Ambra Famiani
Una targa sul palazzo comitale degli Aldobrandeschi ricorda che Federico II di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero, soggiornò nella civitas ospite del Gran Tosco Guglielmo. Nel corso della permanenza in questa roccaforte, l’imperatore redasse le novellae, un insieme di norme destinate a riformare le Costituzioni Federiciane, tenne una dieta generale, investì il figlio Federico d’Antiochia della carica di Sacri Imperi in Tuscia et per totam Marittimam vicarius generali, intanto che i funzionari della sua corte itinerante emanavano privilegi e mandati.
E, forse proprio qui,
approfittando dei boschi, delle paludi e degli stagni costieri, praticò la
caccia e proseguì l’osservazione degli animali, acquatici e terrestri, ma
soprattutto quella dei rapaci, illustrandone le caratteristiche specifiche per
il loro utilizzo nella falconeria. Cioè il modo d’allevare e ammaestrare i falchi e usarli per cacciare, ovvero la materia del trattato De arte venandi cum avibus, il prezioso manoscritto compilato da
Federico prima del 1249.
Per praticare quest’arte l’imperatore incrementò e selezionò cavalli adatti alla caccia che non avessero timore dei falchi. Un importante carattere comportamentale trasmesso nei secoli alla Real Razza di Persano.
Ed ecco che il sottile filo dal passato si intreccia col presente.
Durante il servizio di leva al Centro Raccolta Quadrupedi di Grosseto, Alduino da Ventimiglia di Monforte Lascaris, discendente di Federico II, il principe proveniente dalla Sicilia che ha la falconeria nel sangue da più di mille anni, scopre che gli ultimi superbi cavalli borbonici, eredi di una storia gloriosa, erano stati confinati qui come Razza Governativa di Persano.
Inizia così la sua personale opera di salvataggio, entrando in possesso degli ultimi capi in purezza, recupera la razza dall’estinzione e dedica la sua vita a questi straordinari esemplari sino a possederne, oggi, circa 70.
Un amore che viene da lontano, il suo primo cavallo era un Persano, la razza che il nobil cavaliere alleva nel Castello di Luriano nell’alta Maremma, dove si è trasferito da anni e dove alleva anche rapaci e va a caccia col falco sacro, così come nel Medioevo.
Fieri e alteri sui trespoli, i becchi adunchi, gli artigli aguzzi, la bellissima livrea striata e brillante, i falchi, i girifalchi, le aquile e i gufi reali vivono qui nelle voliere vicino alle stalle, amati e rispettati compagni di Alduino.
Custode di antiche conoscenze, grande appassionato di cavalli ed esperto falconiere, il depositario dell’ars venandi federiciana, ha fondato l’Accademia Italiana Cavalieri di Alto Volo, facendo propria l’eredità dello Stupor Mundi:Per l’uomo che vorrà riscoprire se stesso, mettersi in discussione, significa continuare sulla stessa etica e concepire un mondo in cui l’uomo non è separato dalla natura, ma ne è parte e i rapaci aiutano a non pensare da terra, ma pensare dall’alto. Perché loro sono i signori del cielo.