Strategie di sopravvivenza in una città alla moda ~ di Carlo Benedetti
Dal pontile, Forte dei Marmi ti guarda in faccia e ti soppesa. Amava andare a largo, lasciarsi alle spalle le Apuane, le boutique, i pittori locali. Arrivava alla piccola piazza in mezzo al mare, che chiude la striscia di asfalto, con un vago senso di pace. Ma tornare indietro, rivedere la spiaggia, i pini scardina-strade e la serie di palme a destra e sinistra gli toglieva il fiato. Sentiva su di sé gli sguardi delle cave, lassù in alto, piene di uomini temerari e di tutta la storia del ‘900 che era passata proprio da qui – Montale e prima Ardengo Soffici o Henry Moore, Giorgio Armani. Pensava a sua madre che indicava Mina di lontano, sussurrando. E a suo padre che lo tirava per un braccio pur di salutare l’Avvocato Agnelli.
Se lo ricordava fermo, davanti alla pineta di piazza Marconi che osservava girare i calessi tirati da quei pony pezzati. “Questi li cambiamo con delle 600!”, e tutti a ridere di gusto, incluso suo padre. Fece i duecento metri dal pontile ed eccoli a testa bassa, pezzati come allora, in attesa. Gli era sembrata un’ingiustizia che fossero costretti in quell’anello, estate dopo estate. Non c’erano bambini e il proprietario fece finta di non considerarlo matto quanto pagò per mezz’ora e si mise alle redini da solo. I primi giri lo osservava preoccupato, poi meno e alla fine si addormentò sulla sedia.
Allora il calesse, invece di tornare al punto di partenza, deviò al trotto su via Matteotti, consumando ville e relative bouganville. Quando terminò in un muro, si spostò su via Mazzini e fino a Vittoria Apuana aveva incrociato forse un paio di macchine. Il pony ansimava, ma lui non mollò finché non vide i pini su via Canova. Prese a sinistra, verso il mare.Forte dei Marmi si fida poco di te. Lui era convinto che da qualche parte ci fosse un rovescio, il retro della scenografia. Una volta pensava fosse l’inverno, la città vuota. Era tornato a novembre, correndo come un pazzo in autostrada pur di sorprenderla. Ma Forte dei Marmi non si sbottonava mai. Allora aveva provato nei condomini popolari, lungo l’autostrada, o nelle casette rimaste del vecchio borgo. Ma anche lì aveva trovato solo gente tranquilla, marinai di terra pronti a farsi due chiacchiere, burberi e allegri.
E anche ora, mentre entrava trionfalmente in spiaggia, con il pony che tirava disperato, affondando gli zoccoli sulla sabbia, era sicuro di trovarlo lì, sul bagnasciuga semideserto. Aspettava qualcuno che gli dicesse: “Ecco, ci hai scoperto”. Se avesse potuto, avrebbe continuato a trottare fino in Sardegna. Ma il pony come sentì l’acqua si impuntò e non si riuscì più a farlo muovere. Lui guardò le onde consumare la spiaggia svuotata e piatta, sottilissima. Il calesse bianco gli sembrava sul punto di bucarla, come un lago ghiacciato.
Sorrisi. Noi, anche per stavolta, eravamo al sicuro col nostro segreto.