Agata Smeralda e lo Spedale che l'ha accolta in fasce ~ di Federico di Vita
Mi chiamo Agata Smeralda e sono nata a Firenze… quando non saprei, ma ho sempre voluto credere che fosse il 5 febbraio 1445, il giorno in cui fui lasciata all’Istituto degli Innocenti, pensate che sono stata la prima! Dico sul serio, ci sono i documenti: è cominciato tutto con me. E mi hanno chiamata Agata perché quella era la notte di Sant’Agata, e Smeralda per gli occhi, che anche se non ho vissuto a lungo hanno continuato a brillare nello sguardo di tutti i fanciulli che hanno varcato questa soglia dopo di me.
È vero, sono stata la prima ma se mi hanno portata qui è perché l’Istituto c’era già. Tutto è partito qualche anno prima del mio arrivo grazie alla donazione del mercante pratese Francesco Datini, lui e sua moglie Margherita non potevano aver figli e vollero così prendersi cura dei bambini abbandonati, insomma quelli come me. Messer Datini pensava che meritassimo un bel posto in cui crescere, la donazione lo prescriveva esplicitamente, infatti per disegnare lo Spedale fu chiamato un architetto che forse avete già sentito rammentare: Filippo Brunelleschi. Ma non era ancora il famoso autore della Cupola… e anche lui si dovette arrangiare un po’, tanto che scelse materiali meno costosi, l’intonaco, la pietra serena… che però disposti nelle linee eleganti della sequenza di questi archi, divennero un modello per tutta la città: con lo Spedale degli Innocenti nasceva il Rinascimento.
L’idea del signor Datini era di fare un bel luogo dove crescere i bambini e nel frattempo, neanche a farlo apposta, regalava a Firenze il cuore della propria identità. In quegli anni passeggiando per la città quante volte ho visto spuntare quei dettagli in pietra grigia che parevano segnare l’incontro tra forma e armonia: in una loggia in via della Vigna Nuova, in tutta la Cappella dei Pazzi, ovunque ti girassi; tra le navate di Santo Spirito e quelle di San Lorenzo… E posso anche ammetterlo, forse questa cosa del Rinascimento è successa un po’ per caso, ma l’idea di creare per i bambini dello Spedale un luogo pieno di bellezza no, quella era voluta. Con gli occhi dei miei fratellini ho visto quando gli incavi tra le arcate furono riempiti coi putti di Andrea Della Robbia, e poi le opere che negli anni avrebbero decorato gli spazi dell’Istituto, i dipinti del Ghirlandaio, di Piero di Cosimo, uno addirittura del Botticelli...
Sono passati quasi 600 anni e in tutto questo tempo lo Spedale non ha smesso di regalare un futuro a fanciulli senza alcun passato, imponendosi come modello universale. Mi vengono le vertigini a pensare che un’istituzione laica nata per una ragione così nobile sia vissuta tanto a lungo! Attraverso lo sguardo di chi ci vive ora, ancor oggi vedo spalancarsi le porte della vita dall’alto di questo bel loggiato. E per quanto riguarda me, i miei occhi brillano in quelli che ogni sera si imprimono della serena immagine del Cortile delle donne; mentre il mio spirito palpita nelle anime a cui gli Innocenti hanno donato una vita nuova.