Le vie del silenzio conducono a scoperte che risuonano nel profondo delle nostre anime
Misurare il passo. Procedere con lentezza e con lentezza fermare lo sguardo. Osservare, respirare, ascoltare il silenzio. Ampi pascoli che si alternano a gole profonde. I calanchi. I crudi sassi. Le fioriture gentili.
E la varietà delle mète: coltivare la propria spiritualità, rigenerarsi o semplicemente godere di scenari di una bellezza quasi sfrontata.
E lasciarsi andare, nello spazio. Nel tempo. Senza pianificare troppo. Accogliere l’imprevisto e l’imprevedibile. Questi sono i luoghi del mettersi in cammino. Del Cammino di Francesco. Gli scenari che ispirarono il Cantico delle Creature.
Quindi zaino in spalla, perché come si dice da queste parti… “Chi non ha vissuto un temporale sull’Appennino si è perso certamente una fetta di bella esistenza”.
Perché proprio da queste parti il silenzio e l’attenzione sono in grado di dischiudere frammenti di panorami assoluti e già impressi nella memoria collettiva. Come è possibile, dite? Lasciate che ve lo racconti dall’inizio.
Nel 1384 la Repubblica di Firenze, dopo aver acquisito Arezzo e il suo contado, prese a inviare dei nobili cittadini, i podestà, a rappresentarla nei nuovi possedimenti. In quel periodo i territori di Chiusi e Caprese vennero aggregati sotto un’unica giurisdizione con l’obbligo, per il podestà incaricato, di risiedere alternativamente sei mesi nella Rocca di Chiusi e sei mesi nel palazzetto Pretorio di Caprese.
Siamo ancora lontani da un’immagine impressa nel nostro inconscio collettivo, dubitate? Meno di quanto non pensiate…
Un secolo dopo, nel 1474, fu incaricato Podestà di queste terre il nobile Ludovico Leonardo Buonarroti.
Scrive il Vasari: “… Nacque dunque un figliuolo sotto fatale et felice stella nel Casentino di onesta et nobile donna l’anno 1474 a Ludovico Leonardo Buonarroti-Simoni […] Al qual Ludovico essendo Potestà in quell’anno […] vicino al Sasso della Verna […] nacque, dico, un figliuolo il sesto dì di marzo, la domenica intorno alle otto di notte, al quale pose nome Michelangelo…”
Ed ecco che queste campagne, questi scorci, questi squarci montani rimangono impressi a fuoco nella mente di Michelangelo bambino. E - poteva essere diversamente? - sono proprio quelli che da grande l’artista non mancò di riprodurre come sfondo nei suoi straordinari dipinti: si può cogliere qualche tocco dei verdi paesaggi di Chiusi della Verna nell’alpeggio su cui siede Adamo nella Creazione, nei colli scoscesi del Tondo Doni, nelle asprezze del contado in cui va in scena la Crocifissione di San Pietro, così come nel digradare dei poggi della Conversione di San Paolo.
Che vi dicevo, visto che questi posti li conoscevate già?