Si possono sentire ancora nelle vie del borgo i colpi delle mazze e degli scalpelli. Sono gli scalpellini che oggi, come centinaia di anni fa, danno forma alla pietra. E’ una tradizione millenaria che è passata in eredità ai giovani e che Castel San Niccolò vuole custodire e tramandare. Per questo è nato il Museo della Pietra, un modo per rendere omaggio al materiale che più di ogni altro ha segnato questo borgo dal punto di vista del paesaggio, dell’architettura e anche delle leggende. La visita sarà anche un modo per scoprire che qui la pietra è davvero ovunque, nel Castello dei Conti Guidi, nella Pieve Romanica, nelle logge che proteggevano gli acquirenti al mercato fino al vecchio mulino ad acqua.
E’ imponente e un po' fa paura. Deve essere stato sempre così perché il castello che domina il borgo porta con se storie e leggende da brividi. La più famosa riguarda proprio la sua costruzione che non si riusciva a portare a termine. Succedeva sempre qualcosa che impediva di continuare i lavori e alla lunga le maestranze impaurite non ne vollero più sapere di salire al poggio di Ghianzuolo, dove si pensava albergasse il diavolo. Ci provarono anche gli esorcisti ma niente da fare, il poggio rimaneva inaccessibile. Ci volle la reliquia di San Niccolò per sconfiggere definitivamente il maligno e a testimonianza della cacciata del diavolo, ancora oggi, si può vedere impresso nella roccia un segno conosciuto come “impronta del diavolo”.
Garliano è una piccola frazione di Castel San Niccolò, un borgo tra i borghi. Qui tra le montagne si tramanda una storia che trova conferma anche negli annali. Mentre il Casentino, come il resto della Toscana, è stato più volte flagellato dalle pestilenze qui nessuno si è mai ammalato. E’ come se queste quattro mura avessero protetto i montanari dalle malattie. Ma loro, gli abitanti di Garliano, hanno un' altra teoria. Hanno calcolato che le zone immuni dalle pestilenze erano quelle fin dove arrivava il suono delle campane della Maestà, in cui era collocato un dipinto della Madonna. Dalla cima del poggio in cui si trovava, la pittura fu poi trasferita in una chiesetta costruita proprio in suo onore. E se ancora oggi venite quassù, i paesani saranno lieti di mostrarvi le campane e la chiesetta con la “Madonna della peste”, che per secoli ha protetto il borgo.