“Come una cascata di case lungo il declivio”, così lo scrittore Carlo Cassola raccontava del suo incontro con Casale Marittimo, il bel borgo toscano che come tanti altri ha la particolarità di portare il nome marittimo pur non essendo sul mare. L’origine del nome non è in effetti chiara, Giovanni Targioni Tozzetti, esperto viaggiatore, nella seconda metà del 1700 scriveva: “a mano destra si stacca una propaggine di collina che si estende verso il mare e nel cui ultimo dorso è situato il moderno Casale”. Che ci fosse dunque un abitato molto più antico? Probabilmente si, un villaggio etrusco. Anche le credenze popolari aiutano a ingarbugliare la storia. Una molto diffusa parla per esempio di due castelli, Casalvecchio e Casale Nuovo, ma nessun ritrovamento archeologico supporta questa credenza. Le ultime diatribe sul nome del borgo arrivano fino ai primi del ‘900 quando assume il nome definitivo di Casale Marittimo.
C’era una volta una Maremma infestata dalla malaria, dove la differenza tra vivere e morire la faceva la salubrità del posto. All’inizio del 1700 le campagne erano in una condizione di povertà assoluta, la maggior parte delle terre erano destinate a riserva di caccia del feudatario e i boschi si estendevano ovunque.
I lupi erano così numerosi che nel 1810 un decreto governativo liberò la caccia al lupo da ogni vincolo.
Ma le cronache già allora parlavano di Casale Marittimo come “il più grosso e salubre castello di tutto il Marchesato”. Le ragioni? “Una fonte di acqua buona e uno sporto di collina elevata benissimo ventilata”. E se allora gli abitanti erano poco più di trecento, con le riforme del Granduca Pietro Leopoldo e le progressive bonifiche, si arriva a superare quota mille. Oggi Casale Marittimo ha sconfitto la crisi demografica dovuta all’abbandono delle campagne grazie al turismo e all’arrivo di nuovi proprietari terrieri, sopratutto svizzeri e tedeschi che hanno ripreso a coltivare cereali, olio e vino.