“Passata Siena, passato il ponte d’Arbia, è lei, terra di luce che sempre, anche lontano, inseparabilmente mi accompagna” (M. Luzi) ~ di Mita Feri
Quando al crepuscolo raggiungi la culla di Buonconvento,
ti rapisce e affascina come fosse un sogno per la sua solida cinta muraria
trecentesca a tratti illuminata, dalla quale svettano il campanile della chiesa
SS. Pietro e Paolo e la torre podestarile con l’antico orologio che scandisce
le ore.
Bonus conventus è ricco di storia, di tesori d’arte sacra, di
ville in stile liberty arricchite da curati giardini a primavera punteggiati da
costellazioni di margherite. Pievi e castelli, capolavori di architettura, invitano
alla scoperta. Affonda le radici nella tradizione mezzadrile, nell'avvicendarsi
dei ritmi e colori delle stagioni che mutano la campagna adagiata fra i fiumi Arbia
e Ombrone. Valli fertili, generose, ne hanno garantito la fortunata crescita sull’antico
tracciato della Via Francigena: anche etruschi e romani ci hanno tramandato testimonianze
e ne seppe qualcosa persino l’Imperatore del Sacro Romano Impero Arrigo VII di
Lussemburgo, che per sua sventura, la notte del 24 agosto 1313 vi morì. Mentre una perlacea luna sovrasta, ricordi la novella di Giovanni Boccaccio che nel Decameron narra la disavventura capitata al poeta Cecco Angiolieri.
Attratto dalla
passeggiata ti addentri nei vicoli dove giochi di luci e ombre si intessono, ascolti
il riecheggiare dei passi sul selciato medioevale, cerchi un’osteria col desiderio
di deliziare il tuo palato con piatti gustosi preparati da mani laboriose e
pazienti, usando ingredienti semplici, essenziali come il pane e l’olio. Speri nel
profumo del ricercato tartufo Bianco delle Crete Senesi che cresce all’ombra
dei pioppi, dalle fronde argentate mosse dalla brezza cui si anela nelle afose sere
d’estate.
L’oste ti porge sul tagliere salumi prelibati, formaggi e quel miele tanto
caro a Zeus, tu dal menù scegli fra la variegata cacciagione, pensando a come
esaltarne il sapore con un buon vino rosso d’annata. Quel profumo di buono ti
fa sentire proprio il conforto di casa, appagando il piacere della convivialità
tanto cara ai pellegrini e viandanti di un tempo: riti di sacralità religiosa e
socialità pagana, della memoria. Intanto ascolti quella curiosa leggenda sul
fantasma che qui ti ha condotto, poi ti attardi sugli intrighi e segreti amorosi
narrati attorno al focolare nelle veglie dei casolari di campagna. Sono ancora disseminati
qua e là, in pietra e mattoni rossi, con loggiati e porticati incantevoli. Ti
rammentano di salire sulla collina di Percena, per ammirare un paesaggio
mozzafiato che si spinge fino al Monte Amiata, così da portare con te
un’indimenticabile e stimolante esperienza genuina e sensoriale.
Quando la prima bruma autunnale fa svanire i contorni del centro storico, i boschi intorno si incendiano dei colori più caldi e quella terra arata con fatica, sudore, si svela come un ricamo forgiato dalla sapienza e autentica dedizione dei contadini che la amano ancora. E’ terra ospitale che diviene territorio dell’anima, evocativo, onirico che spalanca nel petto un’oasi di pace e luce.