All’ombra dell’abbazia vallombrosana, sull’incrocio di importanti via di commercio tra Siena e Firenze, è stata decisa la sorte di borghi e comunità.
Son pochi i mercanti così temerari da avventurarsi su strade non battute. Da sempre il bisogno di un rifugio per la notte ha fatto nascere luoghi di sosta e ristoro. Dalle taverne prende il nome Tavarnelle, ma la Via Cassia, su cui sorge, non ha avuto sempre lo stesso percorso e non è stata l’unica via di commercio ad attraversare queste terre. Nei secoli nuovi sentieri hanno fatto nascere nuovi paesi, decretandone poi la loro fioritura o l’abbandono.
Nel medioevo i
mercanti preferivano viaggiare lungo la strada che attraversa il
Chianti e corre lungo il crinale che divide la Val d’Elsa dalla Val
di Pesa, ma giunti nella zona di confine tra Firenze e Siena
aumentava in loro la paura d’essere aggrediti. Stringevano più
forte a sé i loro averi, rivolgendo le loro preghiere ai vicini
monaci dell’abbazia del Passignano, sperando in un rifugio sicuro.
Infatti, in loro soccorso, trovavano San Donato in Poggio, borgo
fortificato che li accoglieva tra due alte porte. Il legame tra
viandanti e paese è stato saldo per secoli, permettendo a San Donato
di erigere mura, torri, un pozzo con cisterna e nel rinascimento
anche importanti palazzi - tutti ancora visitabili.
Tra gli incontri indesiderati più strani capitati su queste strade si ricorda ancora quello che coinvolse addirittura San Giovanni Gualberto. Una volta percorrendo l’antica Strada Regia Romana (il cui tracciato culmina nel ponte di Ramagliano alla Sambuca) che il monaco vallombrosano prendeva per recarsi in visita ai contadini, il frate ebbe modo di imbattersi nientemeno che nel diavolo. Tanto fu scioccante e cruento lo scontro che addirittura sui massi ne è rimasto stampato il ricordo. Oggi quel tratto di strada è una piacevole passeggiata tra i tipici boschi di Cerro e Roverella.
Nella lunga partita tra Siena e Firenze, sullo scacchiere chiantigiano non mancavano mosse inattese alla ricerca di nuove vie d’accesso in territorio nemico. Ai tentativi si rispondeva con la nascita di nuovi presidi, indicati dalla presenza di una casa-torre. Intorno a queste nascevano villaggi che speravano un giorno di diventare importanti cittadelle. Oggi ne danno testimonianza due località dall’origine comune, ma dal presente molto diverso. Poggio al Vento, per l’ottima posizione di vedetta su buona parte del Chianti, divenne presidio per difendere l’abbazia e, pur restando di piccole dimensioni, negli anni ricevette in cambio prosperità e tutela per la sua chiesa e la sua cinta muraria, oggi ancora intatte.
Sorte diversa è toccata a San Polo a Torre, ormai inaccessibile perché fagocitata dalla natura. Alta torre di guardia, ben presto abitata da una piccola comunità che costruì anche una chiesetta, vide perdere l’interesse per la strada che presidiava e fu abbandonata a sé stessa. Oggi lo scheletro della torre (di cui rimane la parte bassa) è un monito a non dar per scontata la bellezza che ci circonda, perché la Storia a volte ci passa accanto, ma ci sfiora appena.