Non sono nato sul Molo di Viareggio, ricordo la mia mamma, il suo latte caldo e l’abbraccio dei miei fratellini. Eravamo cinque, piccolissimi, e ci abbandonarono sulla spiaggia. Ricordo solo la fame e la paura, mescolati al rumore e all’odore del mare, fino a quando una signora, si è presa cura di noi, in quel fazzoletto di terra che va dal molo alla passeggiata, dove abbiamo imparato a sopravvivere. Ma presto i miei fratellini sono scomparsi ed io sono rimasto solo.
Il molo è presto diventato il mio regno. Avevo signore gentili che mi portavano il cibo e amici pescatori che, al ritorno dalle dure giornate sui pescherecci, mi regalavano miscugli di pesce e carezze. Tutti mi conoscevano e mi volevano bene: ero Ettore, il gatto del molo, l’amico dei pescatori. E quello spazio, tra mare e cielo, era diventato la mia “casa”.
Un giorno, notai un tipo solitario in bici che si fermò dinnanzi a me. Ci guardammo negli occhi e lui mi chiamò: “Ettore… “
L’uomo si tolse dalla tasca un involto di carta con dell'ottimo pesce. Lui si chiamava Alfredo e tornò spesso a trovarmi. Passava sempre quando i pescatori non uscivano a pesca per via del maltempo oppure pescavano poco e non mi lasciavano nulla da mangiare. Arrivava al mattino presto, con la bella stagione in bicicletta mentre in inverno a piedi, dopo aver preso il bus e mi cercava, mi chiamava per farmi mangiare. Si occupava e preoccupava per me e, naturalmente, diventammo grandi amici.
La vita scorreva tra la gente e i gatti del molo, tra le carezze di Alfredo ed i suoi deliziosi bocconi. Sentivo che quell’uomo mi voleva bene, l’uno faceva parte della vita dell’altro, tra fusa e carezze all’ombra delle capannine lungomare era nato un rapporto speciale.
Ho vissuto per 19 anni sul molo di Viareggio, invecchiai tra le voci e gli odori del mare, tra l’amore dei commercianti e dei pescatori, tra i giochi e le grida dei bambini. E fu proprio vicino al balcone che per anni fu il luogo dei nostri incontri che Alfredo mi trovò, quasi senza vita. Lo stavo aspettando senza forze, perché non avrei mai potuto andarmene senza salutarlo. E lui rimase con me fino alla fine.