"Questa terra toscana brulla e tersa, ove corre il pensiero di chi resta o cresciuto da lei se ne allontana" Mario Luzi
Le mie radici affondarono nel terreno di Fibbianello intorno all’anno 1000. Ero un ulivo maestoso, raggiungevo i 25 metri di altezza e con la mia imponenza dominavo il territorio, per tutti ero e sono: l’Olivone. Ho detto ero perché nel ‘98 mi diedero fuoco, non riuscirono a farmi morire e con la mia voglia di sopravvivere ho dato vita a nuovi polloni.
Ero piccolo quando, sotto le mie fronde, transitavano a cavallo gli Aldobrandeschi per raggiungere il loro castello di Rocchetta, chiamata poi Rocchette di Fazio dal Cacciaconti, che la ereditò da sua madre divenendone il signore. Più avanti, nel 1536, le truppe di Carlo V sostarono all’ombra dei miei rami proprio poco prima di raggiungere Rocchette, e distruggerla. Oggi nel borgo c'è l’Ospedale di San Tommaso, collegabile ai templari grazie a una croce, all’Agnus Dei e a un volto in pietra inciso sulle mura, si dice raffiguri San Tommaso, o forse Bafometto. Camminando tra gli edifici in pietra, come il Palazzo Pretorio e quello di Giustizia, avrete la sensazione di essere racchiusi in una bolla spaziotemporale. Sulla sommità del villaggio la duecentesca Pieve di Santa Cristina ospita nell’architrave una Croce Patente e all’interno affreschi quattrocenteschi. Percorrendo la Scala dei templari si arriva alla Rocca Aldobrandesca. Lassù sentirete il fluire dell’acqua, una sinfonia che accompagnerà gli occhi increduli alla vista del panorama: il Monte Amiata, il Monte Labro, la Valle dell’Albegna e il Bosco dei Rocconi e spaziare fino al mare.
I miei amici più cari sono le querce e gli alberi da frutto selvatici che abitano il Bosco dei Rocconi, in parte Oasi WWF. Con le sue pareti di roccia calcarea è il regno del falco lanario e di quello pellegrino, nonché l’habitat di 28 specie di orchidee spontanee. Ecco il più dolce ricordo, Anacamptis laxiflora, un’elegante orchidea: il nostro amore finì a causa di un carpino nero ben più affascinante di me...
Anni fa veniva a trovarmi un ragazzo di nome Mario Luzi. Proprio lui, il Poeta. La mamma era nativa di Semproniano e qui lui trascorse le estati della giovinezza. È infatti proprio qui che Luzi ha disegnato con parole il paesaggio naturale e quello umano: la tribù di cui si sentiva parte.
Anche Vico Consorti, scultore figlio della nostra terra, veniva a trovarmi ogni volta che ritornava in visita ai parenti. Ormai celebre, dopo l’esecuzione della Porta Santa, i suoi concittadini gli chiesero un lavoro per la parrocchia. Negli anni ‘80 la vedova Consorti donò al Paese la replica di un suo crocifisso bronzeo.
La mia terra oltre che essere bella è ricca. Ci sono ulivi da cui ottenere un extra vergine verde, vigne che producono vini di carattere, pecore da cui mungere un latte che, oltre ai prodotti tradizionali, ci regala formaggi a pasta cruda, poi i grani antichi, coltivati come una volta in modo biologico e biodinamico, per ottenere farine naturali che danno vita a pani, biscotti e paste fresche. Infine i suini, da cui ricaviamo salumi dal sapore unico.