Terra di confine, di boschi, foreste e fiumi, di pietre e sentieri che raccontano una storia antica che si svela solo camminando
Venite! vi racconto di un piccolo grande Comune, di una terra di mezzo ancora Toscana ma quasi Emilia, del suo territorio vasto e poco popolato, dove vivere è difficile ma dove, ascoltando, la natura svela suoni, storie, aneddoti. Vi racconto di quattro verdi valli, strette e ripide, e di come la natura e gli animali le riconquistarono dopo l’abbandono degli uomini. Fiumi, alberi, animali i protagonisti della storia. Il verde del bosco, l’azzurro dell’acqua e del cielo i suoi colori. Ma camminiamo, solo così questa terra vi si svelerà.
Guardate lassù, sopra lo scosceso pendio che si innalza dal fiume Limentra, il borgo di Sambuca. Andiamoci per questa tortuosa e secolare mulattiera. Solo a piedi si possono percorrere le sue ripide stradine di sasso tornando indietro nel tempo, in un’altra dimensione, che pretende rispetto e invita al silenzio. Una manciata di case abbarbicate alla viva roccia rimangono a testimonianza di un bellicoso passato e di una antica fama. In vetta la magica Rocca di Selvaggia. Sotto l’antica pieve, la fontana, il lavatoio, la Via Francesca che arriva, attraversa Sambuca e se ne va come facevano i pellegrini un tempo. Da qui tutto può essere raggiunto a piedi su antichi sentieri attraversando boschi e fiumi.
Andiamo! Continuiamo a camminare ridiscendendo il costone verso il Limentra. Ecco un paese laggiù. Sorge appena oltre la diga dove la valle si apre e il paesaggio cambia diventando più lieve, più dolce. Quasi emiliano. Pavana un ricordo lasciato tra i castagni dell’Appennino, come canta Francesco Guccini. Riprendiamo il cammino, risaliamo la montagna verso oriente. Sul crinale lo sguardo si apre su altre due valli selvagge, isolate. Tra fitti boschi alcuni borghi suggestivi: Treppio con il suo particolare dialetto e il suo organo antico e Torri paese di pietra e della pietra, con le sue maschere scolpite agli angoli delle case.
E poi giù, continuiamo a camminare lungo un altro fiume e oltre, fino alla Foresta dell’Acquerino, patrimonio unico di biodiversità: boschi di conifere e di faggi, piccole radure, fiori, torrenti che si gettano nell’alveo del Limentra. Improvvisamente davanti a noi i resti di antiche abbazie e misteriosi sassi scritti sui quali sono incisi arcani simboli che sembrano arrivare da un tempo oltre il tempo. Ma i veri signori di questi luoghi sono loro: cervi, daini, lupi, caprioli. Li sentite attorno a noi, vero?
E ora fermiamoci. Vi devo parlare di noi che viviamo tra queste montagne non particolarmente elevate, ma che la natura rude, selvaggia, impervia, montagne le rende. Noi con le nostre usanze e tradizioni povere, montanare. Con la nostra cucina che, come la nostra terra, è di mezzo. Noi con i nostri castagni, i funghi, i piccoli frutti del sottobosco. Noi con le nostre feste semplici, piene di vita e di entusiasmo. Come quella della Sambuca là nel borgo dal quale siamo partiti. Ma è tempo di andare. Continuiamo a camminare. C’è ancora tanta strada da fare. Ci sono ancora cose da scoprire.