La sua fortuna era essere proprio nel cuore dell’alto Mugello, una posizione perfetta per controllare il passaggio di pellegrini e commercianti da una parte all’altra dell’Appennino. Palazzuolo sul Senio ha avuto in antichità proprio questo ruolo: i suoi vicoli erano attraversati da stranieri di ogni tipo. Mulattieri, carbonai, sensali, ricchi possidenti, contrabbandieri, popolavano questi monti. La strada di collegamento tra i due versanti della montagna passava dentro il paese da piazza del Crocifisso, oltrepassava l’odierno Giardino dei Macchi, fino a sbucare nell’attuale piazzetta. Tutto questo via vai generava un business. Infatti la gestione del pedaggio su questa via che portava in Romagna era affidata alla comunità ebraica, essendo questo genere di attività proibito ai cristiani. A Palazzuolo gli ebrei vivevano nel ghetto, che era stato edificato attorno alla fine del ‘300 e che fu attivo fino al ‘500-‘600. La fortuna del ghetto finì con la liberalizzazione del mestiere di doganiere, che tolse ai giudei il monopolio di questa fiorente attività.
Palazzuolo restò comunque terra di passaggio e di scambi anche nei tempi successivi. Piazza Garibaldi racconta ancora oggi la sua antica funzione di "Mercatale" e lo fa attraverso i suoi ampi e bellissimi porticati. Tra i “transiti” illustri non si può non segnalare anche quello di Giuseppe Garibaldi, che sostò nel palazzo che si affaccia sulla piazza che ne porta il nome, durante la fuga dagli austriaci nel 1849, dopo la caduta della Repubblica Romana. Anita era morta a Comacchio e da lì il il generale aveva proseguito il viaggio clandestino insieme a Giovan Battista Culiolo, detto "Capitan Leggero”. Nel passaggio degli Appennini i due ebbero per guida il sacerdote don Giovanni Verità, di Modigliana. Durante la fuga qualcuno chiuse la porta a Garibaldi, altri lo aiutarono per spirito di ribellione verso ogni autorità. A Palazzuolo trovò ospitalità.