Breve storia dei librai ambulanti di Montereggio
C’è stato un tempo in cui un manipolo di librai si vedeva sul passo della Cisa con la gerla piena di libri, e guardando il mare di monti che si spalanca da lassù si spartiva l’Italia. Erano gli ambulanti di Montereggio, Parana e Catizzola, che per evitare di farsi concorrenza indicavano le valli ai loro piedi dividendosi piazze e città, mentre discutevano dei libri che sarebbero andati di moda e degli editori da cui rifornirsi. Con quell’incontro primaverile, ogni anno, cominciava il loro viaggio.
Questa è una storia eroica, per iniziare a conoscerla si possono
leggere le parole scritte nel 1940 dallo storico Pietro Ferrari:
Ricordate il racconto di Anatole France sui rivenditori di libri usati lungo la Senna? Ebbene anche noi abbiamo i “bunchinisti” e sono tutti lunigianesi di Montereggio […] e la loro tradizione è, forse, più nobile di quella dei colleghi parigini. […] Sono intere frazioni che, a primavera, sciamano e si disperdono per l’Italia a vendere, a prezzi minimi, il fiore più bello e il frutto più sostanzioso: quello dell’ingegno. […] Naturalmente, anche i librai lunigianesi hanno seguito i tempi: oltre agli ambulanti e ai “buchinisti” per elezione, vi sono gli editori e i librai, con tanto di vetrine di lusso. E non solo in Italia li troviamo, ma anche all’estero: in Ispagna, in Argentina, nel Messico, dove i Maucci sono stati, per lunga serie di anni, i dominatori incontrastati di quei mercati librari.
Dalla loro avventura nel 1952 nacque il Premio Bancarella, così chiamato in loro onore e la cui vittoria è ancor oggi stabilita dai voti dei librai. Ma la storia del commercio dei libri nacque molto prima, nella prima metà dell’800, quando i volumi si sostituirono alle pietre da scheggiare che gli ambulanti portavano nella zona di Brescia. Nel 1858 tra Montereggio e Parana vivevano 850 persone, 71 delle quali librai ambulanti.
Un sabato mattina mia mamma ha comprato dieci volumi della Casa Editrice Barion. Siamo arrivati a Vigevano e non avevamo il posto, allora non c’era il posto fisso, chi arrivava prima si sistemava. C’era il vicino che c’aveva tutto il muro del Duomo tutto pieno di quadri, ha tolto un quadro, ci ha dato due cavalletti e da lì abbiamo messo su un metro quadrato di libri. Quando è stata la fine abbiamo venduto metà libri, abbiamo preso i nostri soldi e ce ne sono avanzati metà. Abbiamo continuato io e mia mamma per un po’ di tempo, poi mio papà, il sabato chiudeva a Milano e andava lui con mia mamma perché io dovevo andare a scuola, ero ancora piccola. Per farla breve: siamo arrivati a venti metri di banco. Nei mercati succedeva di tutto, si faceva anche a pugni, per il posto. Adesso ci sono i vigili, ma allora il primo che arrivava prendeva il posto migliore. Però ci aiutavamo anche. A Padova mi hanno portato via il banco e mi hanno aiutato, gli altri librai. Mi hanno dato dei libri, di soldi ne avevano pochi anche loro. Poi anche le case editrici mandavano roba senza soldi...