Diecimila abitanti e diciotto frazioni. E’ il bello di Montignoso, la cittadina che non ha un centro. Per visitarla bisogna viaggiare su e giù per le strade che dal mare del Cinquale si arrampicano fino agli 800 metri del Monte Pasquilio, dominato dal Monte Corchia un tempo sede delle cave di marmo. E il Comune dov’è? A Piazza, frazioncina nemmeno tra le più popolate, all’interno della bellissima Villa Schiff che apparteneva alla storica famiglia dei Giorgini. E’ la stranezza di Montignoso, che riassume anche nei suoi abitanti le diversità geografiche di un territorio dalla doppia anima. Si passa dal caldo delle spiagge affollate al freschino dei boschi di pini e castagni, con le volpi e le poiane. A Montignoso può vivere la felce nana (unico luogo nel Mediterraneo) e possono fermarsi uccelli come il cavaliere d’Italia e la rondine riparia. Da una parte confina con gli stabilimenti balneari dei vip di Forte dei Marmi e dall'altra una veduta spettacolare, quella che da Monte Pasquilio abbraccia i mari e i monti insieme, e nelle giornate più limpide anche l’Arcipelago Toscano e la Corsica sullo sfondo.
In tanti si sono invaghiti della Versilia e l’hanno celebrata. Pier Paolo Pasolini l’ha citata ne ‘Le ceneri’ di Gramsci, Gabriele D’Annunzio ne ‘L’Alcyone' e poi ancora, Attilio Bertolucci e Ardengo Soffici, morto poco più in là, a Vittoria Apuana. Molti artisti l’hanno scelta, e non solo per una dorata villeggiatura. Il pittore senese Mino Maccari, volle vivere qui la sua maturità e si traferì al Cinquale, dove costruì una casa immersa nel verde. Durante la seconda guerra mondiale Maccari si rifiutò di prendere servizio sotto la Repubblica di Salò e si unì ai partigiani di Montignoso. La Linea Gotica attraversava Monte Pasquilio, fu teatro di battaglie e oggi custode di testimonianze. Maccari è sepolto in queste terre, nel cimitero di San Vito.
Da sempre ogni
paese si racconta anche attraverso leggende e tradizioni. Montignoso ne ha una
ricca collezione. La novella più raccontata è quella ‘della cervia’ che per
scappare a un cacciatore saltò, grazie alla Madonna, fin al di là dell’Aurelia.
Un salto che ovviamente aveva del miracoloso e che segnò il confine storico tra
Lucca e Massa.
Un rito della tradizione invece, era quello della notte di San Vito quando i
giovani del paese ‘rubavano’ qualsiasi cosa i
paesani lasciassero incustodita. La refurtiva veniva ammucchiata in
piazza del Comune, dove la mattina successiva i derubati potevano recuperarla.
Tutto avveniva tra gli sberleffi dei ‘ladri’,
schierati in Piazza o sul muro dell’orto del Cardinali. Ma la tradizione più
viva è sicuramente quella della Pefana, un rito antichissimo che si svolge la
vigilia dell’Epifania. In passato piccoli cortei di giovani coperti con
mantelli, cappellacci e maschere percorrevano le vie dei borghi con stridori e
campanacci. Bussavano alle porte delle case offrendo dolcetti e altri piccoli
doni ai bimbi. In cambio ricevevano bevande calde senza proferire una parola.