Paesi e borghi fra fiumi e boschi nelle terre della biodiversità
Monticiano, ovvero Mons
Gianus, il Monte di Giano.
Un destino scritto nel nome del dio che guarda
al passato e al futuro, in una direzione e al suo opposto. Siamo vicini a Siena
ma nella profonda Val di Merse, non lontano dal mare, con la Maremma alle porte,
tra brezze marine e sensazioni di montagna, acque sulfuree e boschi di castagni.
Le riserve naturali fotografano un mondo perennemente sospeso tra barriere naturali
e viaggi nel tempo.
Il buio e il silenzio nascondono anime etrusche e romane,
bizantine e longobarde, tutte perse nelle selve. Transumanze antiche e processioni
non riescono a contraddire la dignità del boscaiolo, come la fierezza di aver
combattuto il fascismo, a duro prezzo.
Una capra è simbolo del dio bifronte e
di una terra che vive di dualismi: da un lato Monticiano; dall’altro Iesa, San
Lorenzo a Merse, Scalvaia, Tocchi, Petriolo.
Ovunque chiese, antiche mura,
affreschi che riportano al passato, accanto a parchi di arte contemporanea,
nuove tecnologie per l’ambiente e un centro multimediale sulla biodiversità.
Differenze
che si incontrano e si uniscono, nel nome di Giano.
E di novembre a Petriuolo al bagno…
Folgóre da San Gimignano, il
poeta che anticipò Dante, testimonia di terme imponenti. Le frequentarono Papa
Pio II come l’imperatore Arrigo VII, in un territorio conteso tra le lucumonie
etrusche di Roselle e Volterra, poi dominato da Siena, quindi affidato alla
famiglia Pannocchieschi d’Elci.
Monticiano esprime una natura rigogliosa, come
l’avrebbe raccontata uno dei suoi figli più noti: Filippo (Filenio) Galli,
quattrocentesco poeta, specializzato nel genere bucolico-amoroso.
E il bagno si
fa ancora nelle acque calde di Petriolo, come nelle fresche acque del Farma o della
Merse, due fiumi declinati al femminile.
Luoghi incantati, come se ne trovano
solo nelle fantasie dei poeti.
Vite intrise di devozione verso Dio e la Natura.
Da un lato il
Beato Antonio Patrizi, uomo di fede del 1300, le cui spoglie sono celebrate da allora
con eventi solenni da una compagnia laicale e dall'arte; dall'altro, intere
generazioni che si identificano con il bosco, e quindi con funghi, la cacciagione,
e soprattutto le castagne, e quindi i seccatoi per la loro essiccazione, per ricavarne
la farina, che ancora sopravvivono, sono il simbolo di uno stile di vita.
Il diavolo che cercava un’anima da portare all'inferno non
trovò mai Iesa. Chiedeva, ma ogni iesattolo rispondeva di trovarsi a Lama
oppure a Cerbaia, Solaia, Palazzo, Contra o Quarciglioni, in uno di quei gruppi di
case che ospitano, oggi, appena 250 abitanti, ma di una ventina di nazionalità
diverse! Iesa è etrusca (Aisinal, poi
romanizzato in Aesius).
Latino è
Foiano, antico nome di San Lorenzo a Merse. Ci portano in pieno Medioevo Tocchi
(e il relativo castello), Petriolo, Scalvaia. Ma il tempo non conta: è sospeso
tra giochi (come la palla a 21), feste popolari e religiose e la vita del bosco.