Non è mai limpida né fresca l’acqua del Lago Boracifero, piccolo centro abitato intorno ad un lago a qualche chilometro da Monterotondo Marittimo. Memorie provenienti da tempi remoti raccontano il motivo di quell’acqua torba e senza pace.
Era in quei luoghi coltivato il grano da persone di “malaffare”, legati smoderatamente al denaro. Il terreno era ottimo e il rendimento abbondante da alimentare la strafottenza della gente che in quei posti viveva. Venne il giorno di una festa religiosa della Madre di Maria e una vecchia mendicante si avvicinò per chiedere del grano in elemosina. Risero di lei e la sbeffeggiarono, quelle persone cariche di arroganza e cupidigia. Schioccarono le fruste per far correre i cavalli in un clima di euforia, con vociferare smoderato, abbondanza di grano e di sole di un giorno d’Estate, tra quella gente chiassosa e volgare. Investita da quell’energia negativa l’anziana donna cadde a terra, tra l’indifferenza altrui, incapace di rialzarsi. Fu solo una trovatella, che viveva lì, ad avvicinarsi alla mendicante. La bambina porse la mano per aiutarla e, con sua meraviglia, sentì la donna rialzarsi leggera come “un covone di grano”.
La mendicante si rivolse ancora a quegli uomini e a quelle donne, disse loro di lasciare il lavoro e recarsi alla santa messa, per rispetto e devozione della Madre di Maria, ma ne ricavò che venne ancora redarguita dal “capoccia” di quella gente. Chiese allora che la piccola trovatella le fosse affidata, perché almeno lei potesse assistere alla messa in quel giorno dedicato alla preghiera. Questo le venne concesso ma con scherno verso la bambina, definita “figlia di stranieri” e “bastarda”, con la raccomandazione che non tornasse più.
Le “memorie antiche” narrano che le due si allontanarono da quel luogo di caciara, cavalli alla tonda al suon di frusta, risate sconnesse e baldoria generale. Si allontanarono in quel giorno di sole rovente, risalendo la strada e sfumando piano piano dalla vista di chi neanche le vedeva, quando il fragore devastante di un tuono riempì, con meraviglia di tutti, il cielo sereno. Meraviglia che, per quelle genti, si trasformò prima in paura e poi in terrore, perché la terra si aprì per inghiottire loro, il grano, i cavalli e tutto ciò che possedevano, tra fumo, polveri inquietanti e “stridore di ferro rovente”.
Poi, a coprire quella voragine che si era creata, arrivò l’acqua che colmò tutto, mentre la vecchia raccomandò alla bambina di non voltarsi e continuare a salire pregando. La rabbia divina si era scatenata contro chi aveva l’abbondanza di ogni cosa, ma si vestiva di superbia, in adulazione del denaro e con la cecità rivolta ai propri simili bisognosi, inosservanti di insegnamenti arcaici.
Arrivano a noi le testimonianze lontane, tramandate nelle generazioni, sicuramente fantasiose per raccontare i nostri luoghi e trasmettere una morale. Questa è quella del Lago Boracifero, dove le acque, anche oggi, non sono mai limpide né fresche.