Capitolo #1

Pietro

Galleria
Domine quo vadis, San Pietro, Annibale Carracci
Montecatini Val di CecinaFotografia di: LigaDue
Montecatini Val di Cecina, Piazza GaribaldiFotografia di: Daio

In un tempo molto lontano Pietro si trovava nei boschi di Montalpruno, il suo intento era quello di farsi proteggere dalle fronde degli alberi per riuscire a fuggire dalle guardie che lo inseguivano in tutte le province dell’Impero, Pietro era infatti scappato dalle carceri romane di Mamertino. È vero, non era un fuggiasco qualsiasi, non il classico brigante che tentava di evitare la vicina via Aurelia e i suoi posti di blocco, ma in ogni caso era un qualcuno che intendeva nascondersi tra le fronde e i rovi di quei boschi. Un giorno, racconta la leggenda, Pietro venne raggiunto in località Poggi Sassa (dove ancor oggi, vicino al botro della canonica sono visibili alcune rovine coperte dalla vegetazione) da un’apparizione stupefacente, cui non poté che rivolgersi con una domanda destinata a entrare nella leggenda: “Domine, quo Vadis?” Davanti a Pietro, il futuro San Pietro della tradizione cristiana, c’era Gesù Cristo, che rispose “Roma, ut interim crucifigar” (“A Roma, per essere crocifisso una seconda volta”).
Colta la frecciata Pietro, vergognoso al cospetto del Redentore, decise di tornare nell’Urbe e andare incontro al suo destino di persecuzione, mentre sul luogo dell’incontro sarebbe rimasta, a imperitura memoria, l’impronta del piede di Cristo impressa su una pietra al bordo della strada.

Capitolo #2

Pietre

Galleria
Montecatini Val di Cecina, Miniera di Caporciano
Montecatini Val di Cecina, Miniera di CaporcianoFotografia di: Daio
Montecatini Val di Cecina, Miniera di CaporcianoFotografia di: LigaDue

Per qualcuno magari sarà una coincidenza come per altri è un segno, ma il legame tra Montecatini Val di Cecina e le pietre non era destinato a esaurirsi col passaggio di Pietro e col sasso in cui è impressa l’impronta del Cristo risorto, ma era destinata a vivere ancora un capitolo glorioso grazie alla scoperta di quella che sarebbe diventata la miniera di rame più grande d’Europa

Appena a un chilometro dalle suggestioni medievali del centro dominato dalla Torre Belforti, è infatti rimasta attiva dal tempo degli etruschi sino al 1907 una miniera di tradizione mitica, che nel XIX secolo ha raggiunto l’apice della sua straordinaria evoluzione. Arrivata fino a contare ben dieci livelli da cui si diramavano diverse gallerie, sommando le lunghezze delle quali si arrivava a raggiungere i 35 chilometri di cunicoli e una teoria di pozzi che messi uno sopra l’altro avrebbero raggiunto i 10 chilometri di profondità! 

Dal 2001 tutte le gallerie sono state restaurate e nel 2003 è stato aperto il Museo delle Miniere, visitando il quale si possono ammirare le strutture ottocentesche per l’estrazione del minerale, le Laverie per il lavaggio e la raffinazione del rame, parte delle gallerie, gli uffici di amministrazione e il principale pozzo di estrazione.