Victor Von Hagen è stato forse uno dei più grandi esploratori del ‘900. Nato nel Missouri da una famiglia di origine prussiana aveva iniziato le sue esplorazioni, a partire dagli anni ’30, sopratutto in America Latina sulla tracce degli antichi aztechi e maya. Ma quando ha deciso che era ora di riposarsi ha scelto le colline di Cavriglia, nel borgo di Montegonzi, nel Valdarno che fa da porta al Chianti. E qui ha trascorso gli ultimi anni della sua vita.
Non sarà un caso, ma anche questa zona è stata oggetto di scavi e ricerche che hanno attestato l’origine tardo romana dell’insediamento, mentre la rocca del borgo, toponimo di probabile origine longobarda, sorse lungo il vecchio tracciato di collegamento tra il Chianti e il Valdarno, antesignano dell’attuale Strada Regionale 408.
La storia di Cavriglia è legata in maniera indissolubile allo sfruttamento della lignite. L’attività cominciò nel 1860 e da allora ha trasformato il territorio ma ha consentito anche un rapido e importante sviluppo. Ci vogliono milioni di anni affinché tronchi, rami, foglie e frutti carbonizzati si trasformino il lignite. Estrarla e farne carburante per la vicina centrale elettrica è stato il lavoro di migliaia di persone per 150 anni. Quando l’attività estrattiva non è stata più conveniente il paesaggio era ormai completamente trasformato, comportando anche l’abbandono di uno dei borghi, Castelnuovo dei Sabbioni, ricostruito poco distante. Ma di quella storia Cavriglia ha saputo fare tesoro e ancora la custodisce gelosamente. Così è nato il Museo della Miniera e del Territorio (MINE), inaugurato nell’estate del 2012 nel vecchio borgo abbandonato dove sono stati recuperati tre fabbricati. La vecchia chiesa è oggi auditorium e una sala espositiva, la canonica è un museo e la casa adiacente è stata trasformata in una serie di aule didattiche e di accoglienza per studenti e ricercatori.
E’ stato uno dei cittadini illustri di Cavriglia e quando si seppe che il professor Gianfranco Fineschi aveva tra i suoi pazienti anche il pontefice, nessuno si stupì. Tra l’ortopedico di fama nazionale e papa Wojtyla nacque un'amicizia in seguito agli interventi che Fineschi eseguì per riparare ai danni provocati dall’attentatore nel 1981. Per un attimo la notizia oscurò l’altro motivo per cui il professore era noto, tanto da aver meritato le pagine dei giornali internazionali, ovvero la straordinaria passione per le rose grazie a cui nel 1967 aveva fondato uno dei giardini botanici più grandi al mondo. Oltre ottomila varietà di rose, piccole e grandi, profumatissime e rampicanti.
Le piante provengono da ogni parte del mondo: ci sono rose selvatiche che hanno superato indenni le mutazioni dell’habitat, ci sono le cosiddette “specie”, cioè rose arcaiche, e gli ibridi, rose moderne e contemporanee frutto di variazioni. La “specie” più antica vanta 40 milioni di anni, ma ci sono anche rose più “giovani” come gli ibridi ottenuti dalla metà del 1800.