... solo pietra, vento e cielo
Un
territorio talvolta aspro e selvaggio, sempre nuovo a ogni girar di
tornante, e mutevole nelle stagioni dell’anno. Pochi borghi sui
cucuzzoli, antiche Pievi appartate, limpidi torrenti, castelli e
fattorie abbandonati, greggi di pecore alla pastura. Par quasi di
toccare il passato remoto, calarsi nel medioevo tanto le forme e i
paesaggi sembrano immutabili: finché le ardite forme e i
serpeggianti tubi che portano il fluido geotermico alle centrali
elettriche, non richiamano al presente e al futuro.
È
in questa
terra che vorremmo far “perdere le tue tracce”, abbandonando i
consueti itinerari turistici e lasciandoti condurre dal caso,
dall’istinto, dalla poesia. Ma niente pericoli: in Toscana ogni
strada, pur impervia che appaia, conduce a qualcosa, sovente a una
piacevole e imprevista scoperta.
Te lo dice Carlo, la cui famiglia vive a Castelnuovo fin dai tempi del Granduca di Toscana Ferdinando III e questo territorio conosce in ogni suo anfratto e lo ama.
Da qualsiasi lato arrivi, la vista spazierà sui rilievi montuosi che circondano il paese, bellissimi panorami si affacciano sulla valle del torrente Pavone. La strada ha sovente un tracciato tortuoso tra i vasti querceti e castagneti che circondano il suggestivo Borgo Medievale di Castelnuovo di Val di Cecina, nel medioevo “Castri Novi de Montanea”. Allora il castagno e i suoi frutti, soprannominati “il pane dei poveri” davano lavoro e cibo agli abitanti che intorno a questo albero avevano costruito una parte importante della loro cultura. In ogni stagione il castagneto ha il suo fascino: violaceo e scheletrito in inverno, se non stretto dalla neve gelata; fiammeggiante nella gamma dorata dei colori d’autunno; e poi mantello di verde sulle pendici dei monti, ammiccante sentieri, sorgenti e frescure d’estate.
Ed ecco il paese con la struttura urbanistica del Borgo medievale tutto costruito su uno sperone di arenaria. Ma nel Borgo, nelle sue viuzze silenziose e disadorne, nelle sue piazzette e slarghi, dove si va soltanto a piedi, occorre soffermarsi a lungo. Non vi sono monumenti significativi, né musei, taverne, locali. Solo la pietra, il cielo e il vento.
Qualche vecchia ciarliera ti racconterà la sua storia, qualche profumo d’intingolo uscirà da una finestra socchiusa e un gatto smilzo ti attraverserà la strada furtivo. Forse ascolterai lingue diverse: arabo, albanese, rumeno, inglese, tedesco, olandese e macedone… non ti meravigliare, sono i nuovi abitanti di una terra caratterizzata dalle migrazioni che affronta il futuro e vorrebbe plasmarlo.
Fermati. Io, che sono nato e ho vissuto in questo Borgo, nutro per esso sentimenti di odio e di amore, gli stessi che potrai immaginare ripensando al “natio borgo selvaggio” del Leopardi e al cimitero di Spoon River.
Anche il nostro è sulla collina e racconta, con le lapidi dei morti antichi, forse più storie di quanto oggi non facciano i vivi.