Nei paesi di montagna, e qui siamo alle porte delle Apuane, storie e tradizioni legate a personaggi oscuri che si aggirano nel territorio ce ne sono a migliaia. A Casola resiste quella legata a un uomo selvatico, talmente selvatico da essere assimilato allo yeti.
Si dice frequentasse le piccole frazioni del borgo sopratutto nelle giornate di pioggia. C’è chi l'ha visto e chi ne ha solo sentito parlare, chi lo descrive alto e forte e chi basso e gobbo. Come di ogni storia popolare che si rispetti, esistono diverse versioni, ma la leggenda c’è e in Lunigiana la si tramanda da secoli. A parte far paura ai bambini nelle storie che ancora si raccontano, a lui sarebbe associata anche una bella scoperta, sarebbe stato infatti lo yeti a fare per la prima volta, da queste parti, la ricotta di pecora.
La sua leggenda è tramandata in dialetto, “a siam come l’om servatig, cuand piò i va a laorar i cuand tir vent i sta a cà”. Ovvero: “è come l’uomo selvatico, quando piove va a lavorare e quando tira vento sta in casa”.
Una leggenda che ha sicuramente un fondo di verità è quella dello strano personaggio che si vuole dedito alle peggiori nefandezze, addirittura amico del diavolo. Evocava gli spiriti, importunava le donne, dava feste e aveva il potere di far lievitare le persone e alla sua morte se lo portò via il diavolo. Se così narra leggenda, la storia racconta di un personaggio molto discusso di queste parti, Pietro Cillà, un medico militare che avrebbe avuto la colpa di essere l’amante di Elisa Bonaparte, la sorella di Napoleone.
Fino a quando l’imperatore francese governò queste terre, per il medico tutto andò per il meglio e anche questa sua “trasgressione” fu tollerata. Ma quando le alterne vicende storiche lo fecero cadere in disgrazia ci fu nei suoi confronti un' autentica rivolta e da qui le malelingue e le diffamazioni.
L’economia povera della Lunigiana, legata soprattutto ai prodotti della terra, ha fortemente condizionato la cucina tradizionale locale. A causa delle difficoltà nella coltivazione del frumento, sopratutto nelle aree montane, l’unica farina disponibile era quella di castagne con cui si faceva anche il pane. Uno dei prodotti tipici e recuperati della Lunigiana porta proprio il nome di questo borgo, “la Marocca di Casola”. Si tratta di un pane che si ottiene impastando farina di castagne e patate lesse schiacciate. Cotto rigorosamente a legna questo pane marrone scuro, leggermente dolce e dal profumo di castagna è oggi anche un presidio Slow Food.
A proposito di patate, Casola fu uno dei primi paesi toscani a sviluppare la coltivazione della patata. In Lunigiana arrivarono alla fine del settecento grazie ad alcuni mercanti provenienti dal nord Italia ma proprio qui è un fiorentino, Girolamo Bartolomei, che invitò il gonfaloniere di Casola ad iniziare la semina, cosa che fece immediatamente seguendo un manuale.