Lievi increspature tra pianura e colline con acque fumanti e invitanti racchiudono ricchezze da fare invidia ai più potenti regnanti
C’era una volta… un grande vecchio, ma non era un uomo né un viaggiatore, al contrario era saldo su forti radici: era l'albero di Cecchino - un olmo secolare - che dai piedi delle mura della Rocca era testimone e cantore delle storie di Campiglia Marittima e della sua terra. Etruschi, romani, santi, artisti, contadini e minatori… Partiamo dal fresco dei suoi fronzuti figli che ne circondano il tronco monumentale e guardiamo la Rocca, quindi ci incamminiamo fino a raggiungerne la sommità, da cui vediamo il mare.
Eh sì, si fa presto a dire mare: qui si apre un profilo di golfi, promontori e isole. Il paesaggio dipinge lo specchio marino tra l’Argentario e Baratti su cui “galleggiano” le isole dell’Arcipelago Toscano, con l’Elba che quasi si tocca e l’isola turchese, la Corsica, che misteriosa e lontana appare talvolta a ricordarci gli azzurri che colorano la terra campigliese dalle profondità del suolo, ai cieli che virano tra il turchese, il rosa, il rosso e il viola di orizzonti sconfinati.
Il confine d’acqua e cielo ci fa respirare a pieni polmoni. Dietro di noi le colline del Parco archeominerario di San Silvestro, con il villaggio, le gallerie, i prati costellati di orchidee che, si narra, siano nate dalle gocce di sangue di Ubertenga (figlia del vasaio Admut) uccisa dai pirati saraceni; e le iris selvatiche che spuntano dai sassi dove gli etruschi scavarono miniere e forgiarono metalli.
Ci sono molte gallerie da esplorare qui, per scoprire quanti sono i colori che non si trovano solo nell’arcobaleno ma anche nelle viscere della terra: l’argentea hedembergite, il rame dorato, i bianchi cristalli di calcite e l’incredibile azzurro della crisocolla - quasi un pezzo di cielo intrappolato nel sottosuolo!
È ora di tornare in superficie a rivedere l’azzurro del cielo. Scendiamo da questa rocca incantata, torneremo quassù al tramonto, per vedere il sole che si tuffa in mare, tinge di rosso l'orizzonte e di blu i profili delle isole.
Dal borgo arriva il profumo della schiaccia campigliese con strutto, zucchero e pinoli: ci ricorda sia l’appetito dei minatori che le tavole signorili, mentre ci fermiamo a contare gli stemmi araldici Palazzo Pretorio e un pizzico di mistero ci cattura quando cerchiamo di individuare sulle mura della Pieve di San Giovanni il quadrato magico del “Sator”.
La voce dell’albero di Cecchino ci chiama, ci voltiamo, ci spinge verso Venturina Terme, dove la sorgente benefica sgorga calda dalle profondità terrestri, quest’anno è piovuto molto e le acque saranno ancor più calde, limpide, eppure colorate di tutti i riflessi di questa terra dove non è raro incontrare straordinari dipinti che giovani artisti hanno creato per lasciare in ogni tempo traccia di arte e bellezza.
"A presto! – ci saluta la voce - perché so, che tu sia viandante, pellegrino, artista, cantastorie o innamorato sognatore, troverai il senso per restare o per tornare”.