Tra vecchi ricordi della città più scozzese d’Italia ~ di Vero Almont
Passeggiavo da solo lungo il fiume Clyde, mentre un tramonto colorava il cielo della sera una donna guardò verso di me – desiderai di aver proseguito dritto. Una cornamusa suonava da qualche parte in lontananza, mentre lei mi veniva incontro sotto i portici continuando a fissarmi, ma non la fermai. Mi ricordava un’altra donna che avevo lasciato in Italia, sono a Glasgow da un bel po', non pensavo che il destino potesse tirarmi un simile scherzo. Avevo aperto una bancarella di Fish&Chips e portavo addirittura il kilt, andavo in chiesa la domenica ma non stavo tanto con gli altri italiani, evitavo il dialetto. Gli scozzesi mi portavano rispetto, "il tuo pesce fritto è buono quanto il nostro", dicevano. Ma lo sguardo di quella donna mi aveva fatto sentire freddo fin dentro alle ossa, erano anni che riuscivo a non pensare a Barga, alla Garfagnana, e guarda cosa mi doveva capitare.
Aiutavo Domenico a passare la carta vetrata sulle assi delle travi della chiesa. Lamb Holm era gelida, come tutte le Orcadi. Ogni tanto mi domandavo se i suoi capelli fossero ancora color rame. Da quando Churchill aveva ordinato il Collar the Lot ci avevano sbattuti tutti quassù. Chiesa poi, due baracche militari addossate l'una all'altra, le cui pareti bianco-rosse però riempivano il cuore, c’era chi veniva a vederla dalle altre isole. La gente dice che è un peccato, che è tutto esagerato, in Scozia non davamo fastidio a nessuno. Gli altri confinati parlavano del Duomo di San Cristoforo, della strana iscrizione sulla pietra, dei leoni scolpiti nel marmo; io invece continuavo a cercarla nel volto di ogni donna che sbarcava sulla banchina. Ero ancora convinto che fosse la mia gemella, speravo che le fosse andato tutto bene. Quelli dell’Arandora Star guardavano le stelle dal fondo dell’Atlantico, ma pare fossero tutti uomini.
In questi giorni c’è la festa, torno a comprare il merluzzo fritto.
Non so se è buono come quello che facevo io, ma del resto a Glasgow era appena pescato, o forse erano i vent’anni. Da piazza Angello sale il suono
delle cornamuse, sì, anche qui a Barga. Ogni tanto passo a trovare Keane, prendo
un libro dalla sua libreria, gli prometto che lo riporterò. Mi saluta con un
cenno mentre continua a dipingere i fregi del Duomo. L’aria è frizzante
come quando ero bambino, torno alla bancarella del Fish&Chips, mio nipote
mi sorride con la sua chioma di rame, il baccalà veniva meglio a me, gli dico,
ma non ho mai mangiato patate buone come queste.