Un viandante tedesco si imbatte durante il Grand Tour nel suggestivo Ninfeo del Giambologna, dove gli capita una curiosa avventura
Copiamo qui alcuni estratti dal diario dell’alchimista Friedrich Von Leben, redatto nel corso del suo viaggio in Italia svolto negli anni tra 1779 e 1786. In quei giorni il tedesco si trovava nella zona di Bagno a Ripoli e descrive un evento sorprendente avvenuto all’intero della Villa Il Riposo[…] dopo la notte passata in detto Spedale del Bigallo che si trova al congiungersi della via Aretina con la strada del gallo, conclusa la serata con sollazzevole mangiata di carni scure speziate di pepi d’oriente, dalla bella cucina di detto spedale guardai in fuori trovando splendida vista della vicina città di Fiorenza, rischiarata dalle torce et dalla luna, che in quel giorno splendeva grande sugli olivi della valle che da lei ci separava. Una volta dormito decisi adunque di esplorare la bella campagna dei Bagni di Ripoli et le ville et le pievi di cui la zona è generosa, tra queste mi si impresse nella memoria il bello Oratorio di Santa Caterina et in quello i dipinti con le storie della Santa che decorano tutte le pareti et li soffitti di detta piccola cappella. Quindi passata l’ora mediana et il meriggio, fui invitato da alcuni gentiluomini ivi incontrati a trascorrer la serata nel giardino di una vicina villa.
Lì arrivai passata da poco l’ora del tramonto. L’antica magione si chiamava Villa del Riposo ma di riposare nessuno aveva grande desiderio. Dopo un ricco banchetto, in cui molti lautamente avevano bevuto il buon vino rosso di queste terre et erano pronti a sparire chi nelle stanze nobiliari, chi negli angoli del parco con qualche nuova compagnia, e altri volendo congedarsi; io preferiva allontanarmi nel segreto del giardino, dove in lontananza cominciavo a scorgere un casotto di color rosato con dettagli di bianca pietra, che invitava a scoprirne le fattezze. Giunto che fui più da presso alla costruzione vidi incredibilmente comparire alcune donne di bianco vestite che mi invitavano a entrare et stare attorno a una fonte, ove queste donne mi ballavano intorno porgendomi da bere acqua appena sgorgata direttamente dalle loro mani. Per terra un mosaico chiamava il posto Fata Morgana, guardandomi intorno ammiravo gli architravi sbozzati et simili a imponenti clavi et un tabernacolo cui le donne, sempre danzanti attorno a me, non mi facevano avvicinare.
La sola cosa concessami era di appressarmi alla fonte et alla grande statua che la sovrastava, da lì l’acqua tracimava da una vasca di pietra in un catino esagonale sovrastato dalla Fata. Ai lati da due portali andavano et venivano le donne bianche fino a che non caddi svenuto al centro di detto luogo. Ivi mi destai molto dopo l’alba, ormai solo et convinto di aver vissuto un sogno. Per caso il mio sguardo finì nel catino et vidi i miei capelli più scuri et le rughe attorno agli occhi più sottili. Uscendo su un lato della costruzione trovai queste parole:
Io son quella, o Lettor, fata Morgana
che giovin qui ringioveniva altrui
Qui dal Vecchietto, poiché vecchia io fui
ringiovenita colla sua fontana