La storia di Federigo Bobini, detto Gnicche il Brigante aretino ~ di Anna Martini
"Siete
bella come la luna stasera. Illuminate tutto il Prato d’Arezzo".
"Siete galante Signore, ma non cederò facilmente alle vostre lusinghe di cavaliere
mascherato".
"Le mie non sono lusinghe, ma un corteggiamento
necessario, se vorrò riavere indietro il mio cuore, che ormai è roba vostra".
"Come posso avere il cuore di uno sconosciuto? Siete forse un cantastorie? Togliete questa maschera e presentatevi da uomo".
"Danzate con me. Non vi servirà vedermi in volto per far di me il vostro cavaliere. Sono un
viaggiatore fortunato che ha una torre tutta sua in quel di San Fabiano".
"Allora siete un principe o un
brigante. Sono questi gli uomini delle colline dell’Acquedotto vasariano".
"Se così dev’essere, per voi, voglio essere un re. Ditemi il vostro nome e nell’incanto di questa notte vi
farò regina".
"Le promesse fatte al chiaro di luna, dietro una maschera, son promesse da Pulcinella. Mostrarsi alla luce del
sole, per quello ci vuole animo".
"Mia cara, avete dinanzi a voi l’uomo più
coraggioso del mondo. Mettetemi alla prova".
"Domani mattina, al rintoccare della decima
campana dell’orologio di Fraternita, mi troverete Piazza Grande.
Avrò una rosa bianca. Cercatemi tra i banchi del mercato. Portate con voi un fazzoletto attorno al
collo e vi riconoscerò".
Ora sono nei guai fino al collo. Arrivare in Piazza Grande senza essere visto da nessuno è quasi impossibile. Mi restano solo i passaggi segreti. Ma di giorno è un azzardo. Posso risalire la collina nella pancia della Fortezza lungo tutto l’acquedotto fino in Piazza Grande. Poi sbucare da sotto terra, dal chiusino davanti al Palazzo di Fraternita. Un rischio così non l’ho mai corso per nessuno, figuriamoci per una donna.
"Eccola, è lei. Ha
il fiore bianco tra i capelli. Guarda dritto verso di me. Sembra non
avere dubbi, mi viene incontro. Sorride. Che faccia tosta".
"Siete più bella che mai incorniciata dal sole
del mattino".
"E voi siete esattamente come vi immaginavo".
Sono Federigo Bobini detto Gnicche il Brigante. Su e giù tra i cunicoli di Arezzo, nessuno m’ha mai preso, fino a oggi. Due occhi neri mi hanno fregato e sono finito in gabbia a Palazzo Pretorio. Ma gli amici mi avevano avvisato: non ti fidare delle donne d’Arezzo. Paiono angeli ma son sirene. Ti innamorano, ti incantano, ma non ne scappi vivo.